Storia e Origini
Brevi notizie storiche
UBICAZIONE: Si trova lungo l’istimo tra i golfi di S. Eufemia (Mare Tirreno) e quello di Squillace (M.Ionio), sul versante tirrenico delle Serre, alle pendici del Monte Coppari (861mslm).
CONFINI: Monterosso Calabro, San Vito sullo Jonio, Chiaravalle Centrale, Torre di Ruggiero, San Nicola da Crissa, Filogaso, Maierato.
ABITANTI: prendono il nome di “Capistranesi” (in dialetto, “Capistanuati”). Gli abitanti residenti al 31.12.2014 erano 1.049, dopo essere stati 1.054 nel 1815 e 1.954 (punta max) nel 1961.
In Agosto, le presenze in Capistrano aumentano anche a 2.500 per il ritorno temporaneo di emigrati e per la presenza di villeggianti. SUPERFICIE: 20,94 Kmq. Il territorio comunale è classificato totalmente montano dalla legge 1102/1971 e dalla legge regionale 4/1974.
ALTITUDINE sul livello del mare (slm) varia da m. 120 (Liga, S.S. 110) a m. 961 (Monte Coppari). Il centro abitato (Palazzo municipale) si trova a 352 mslm.
Distanza: 28 km da Vibo Valentia, 15 km dallo svincolo autostradale (uscita per Pizzo), 36 km dall'Aeroporto di Lamezia, 70 km da Catanzaro,10 km dal Lago Angitola, 20 km da Serra S. Bruno.
LA FRAZIONE DI NICASTRELLO fu Comune autonomo fino al 1868.
Da anni è disabitata. Esistono ruderi ed una Chiesa. Si ripopola in occasione delle tradizionali feste di S. Filippo (26 maggio) e S. Elena (18 agosto) e di qualche celebrazione di matrimonio per scelta da parte degli sposi. La Chiesa è stata ricostruita (ad eccezione dei muri perimetrali) nel 1999 dal sac. Antonio Calafati, parroco dal 31.10.1988, che ha fatto costruire un altare in legno massiccio, restaurare le statue lignee di San Filippo e S. Elena.
ZONE RURALI con (odierni) insediamenti umani: Piano di Rollo o della Croce, Cerasara, Pietra Bianca, contrada Terratola, Strada S. Martino-Prattari (parte iniziale), ecc.
ORIGINI DI CAPISTRANO, assai remote e sconosciute. Potrebbero risalire al periodo antecedente all’arrivo di alcuni Monaci Basiliani, che, provenienti dalla Sicilia, costruirono un Monastero (S. Maria, poi denominato delle Grazie) in Capistrano. L’agglomerato urbano, comunque, esisteva nell’anno 950, come uno dei 18 Casali di Rocca Angitola, distrutta, quest’ultima, in quell’anno, dai Saraceni, che non risparmiarono i predetti Casali, Capistrano compresa.
BREVISSIMA STORIA.
Si ritiene che l’iniziale storia di Capistrano sia legata alla presenza dei Monaci Basiliani e al loro monastero (o abbazia), che fondato nel IX sec. fu chiuso con bolla del Pontefice Eugenio IV del 26.11.1435, perché senza abate e diruto.
Dopo essere stato uno dei 18 Casali di Rocca Angitola, passò alla sudditanza e obbedienza basiliana e poi a quella dei Normanni che nel 1060 occuparono Reggio Calabria, divenendo, di fatto, padroni della Calabria con Ruggero che si attribuì il titolo di Conte di Calabria, ponendo la sua sede preferita a Mileto. Il Conte Ruggero fu grande amico e benefattore di San Bruno (1030-1101), che gli battezzò il figlio, Ruggero II.
I Normanni, per meglio governare le terre conquistate, introdussero l’ordinamento feudale. La famiglia dei Culchebret ebbe, con il titolo di Conte, il vasto feudo di Arena (mantenuto dal 1100 al 1679), per cui i Capistranesi ebbero con tale famiglia secolari rapporti di sudditanza e di servizio.
Capistrano fece parte dello stato feudale di Mileto (1309-1501), governato fino al 1505 dalla famiglia Sanseverino, per passare, poi, alla famiglia Mendoza (Silva) dei Duchi dell’Infantado spagnolo, ai Borboni (1734-1806), ai Francesi (1806-1815), che nel 1808, con
Decreto del re Giuseppe Bonaparte, fecero cessare la feudalità.
Il Duca spagnolo dell’Infantado, di conseguenza, dovette cedere metà del suo patrimonio sito in Capistrano (terre incolte, pascoli, faggeta Coppari) al comune di Capistrano.
Il re Bonaparte riconobbe Capistrano come Comune (1806), riconfermato nel 1816 dalla restaurazione Borbonica e, poi, nel 1861 dalla Costituzione del Regno d’Italia.
Capistrano ebbe una grande espansione urbanistica negli anni 1965-1985 con la costruzione, il completamento e il miglioramento di tutte le opere di urbanizzazione (acquedotto, fognatura, viabilità interna ed esterna, pubblica illuminazione, edifici scolastici, palazzo municipale, risanamento igienico dell’abitato, campi di calcio, calciato, pallavolo, tennis, bocce; villa comunale, aree attrezzate, rifugio forestale comunale, alloggi popolari, ecc.).
TOPONIMI ED ETIMOLOGIA. Ebbe vari toponimi: Capit (1121), Caput (1124), Capistrum (1156), Capisticum (1211) Capistico (1225), Capistagno, Capistano (26.11.1435, Bolla Pontificia di soppressione del Monastero di S. Maria), forma dialettale ancora in uso, ed infine Capistrano (dal 1700, come da atti del notaio Carlo Domenico Pasceri conservati presso la Certosa di Serra S. Bruno), nome mai più modificato.
L’etimologia avrebbe tre ipotesi (“Capistrano ieri ed oggi” di G. Manfrida, pag.41):
Da “Capistrum” come “zona di capistra” (cioè di vincastri), oppure da “capestro” (cioè rapporto di sudditanza ai Padri basiliani e poi ai feudatari), oppure dal greco “Capistikon” composto da Katà (= sotto) e istimi (=mi trovo, sto), e quindi “sto sotto” alle pendici del monte (per Padre Concezio Galloro), “sto sotto” i certosini, i feudatari (per G. Manfrida).
Per l’etimologia di “Capistrano” vi sono alcune tendenze:
1.- E. Barillaro (crf. “Calabria”, Ed. Luigi Pellegrini, Cosenza, 1976) ha ritenuto che “Capistranum” derivi da “vincastro”, alias bacchetta di vinco usata soprattutto dai pastori per guidare il gregge. Il vinco (con le sue variazioni di selcio o di alce) fornisce ancora ramoscelli flessibili che servono per fare panieri, cesti, ecc.
Tali piante erano abbondanti nel territorio capistranese per la presenza di numerose sorgenti di acqua potabili.
2.- Padre Concezio Galloro (1916-1979), Capistranese, Superiore provinciale dei Frati Minori Osservanti di Pietrafitta (CS), ha ritenuto che il casale di Capistrano sia formato per la presenza dei monaci Basiliani (aventi cultura greca e latina) per cui “Capistico” deriverebbe dal greco “Capistikon”, composto da “Kata” (sto sotto) e “istimi” (mi trovo/sto). Per Padre Concezio, “Capistico” avrebbe il significato “sto sotto il monte Coppari”, che con i suoi 961 mslm sovrasta e protegge l’abitato di Capistrano (352 mslm).
3.- Giovanni Manfrida (1914-2009), Capistranese, ispettore scolastico, studioso e storico, ha ritenuto (crf “Capistrano ieri e oggi”) che Capistrano deriverebbe da “Capistrum” (usato nel 1156) e, quindi, da“capestro” con riferimento al rapporto di sudditanza che la gente aveva verso i monaci basiliani e poi verso i feudatari del tempo.
4.- A. Galloro (crf “La Barcunata”, 2007) farebbe risalire il toponimo “Capistrano” all’antica espressione “caput stagni” (“caput” avrebbe il significato di “sorgente” e “stagni” quello di “stagno, “pantano”), donde la dizione “Capistagno”, poi “Capistrano”. Se ci fosse, all’origine, il toponimo “Capistagno”, non avremmo avuto i vari “CAPUT” (1121), “Capistrum” (1256), “Capisticum”(1213), “Capistico” (1304), “Capistranum” (anche in Bolla Ponteficia del 26.11.1435), “Capistano” (fino 1700), Capsitrano (dalla fine del 1700, utilizzata per la prima volta negli atti del notar Domenico Pasceri). Vedi anche “Giovanni Manfrida” Capistrano ieri e oggi – “Calabria Letteraria Editrice, 1987”.
5. Preferiamo rimanere con le ipotesi dei nostri concittadini Padre Concezio Galloro e dott. G. Manfrida, con il chiarimento che “stare sotto le falde di M.Coppari” come lo “stare sotto i Basiliani” (e, poi, il feudatario) era ed è da intendersi “stare sotto la protezione” del M. Coppari, ma soprattutto sotto quella benevola e reverenziale dei residenti verso i Basiliani o il feudatario.
BENI ARTISTICI
La CHIESA parrocchiale (edificio), in stile tardo-barocco, più volte ricostruita dopo le distruzioni operate da vari terremoti, custodisce:
a) L’affresco (o pittura murale) “ Il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano” (1881) attribuito fin dal 1966 al famoso pittore impressionista francese Pierre Auguste Renoir (1840-1919), venuto in Calabria ed a Capistrano a seguito dell’invito fattogli dal sacerdote calabrese, Don Giacomo Rizzuti (1820-1905), da Capistrano, conosciuto a Napoli (1881), dove era precettore presso la nobile famiglia Bonanno (crf. "Renoir, mio padre", di Jean Renoir; articolo del giornalista Salvatore Sicilia che intervistò Jean Renoir nel 1952; testimonianze locali, etc.). Restaurato, nel 1993, per interessamento del parroco Sac. Antonio Calafati.
b) L’altare maggiore in pregiati marmi policromi;
c) I busti marmorei degli Apostoli S. Pietro e S. Paolo;
d) Il Cenotafio di Don Pietro Bongiorno con effige a basso rilievo della Scuola del Canova, in marmo bianco di Carrara (1770);
e) La fonte battesimale in pregiati marmi policromi;
f) Le due pitture murali de “La Samaritana e de “La Maddalena” degli inizi del XIX secolo, (restaurate nel 1993);
g) Il quadro “Il Miracolo di Polsi”, olio su tela, scuola Zimatore, 1936;
h) Il portone centrale in bronzo, realizzato, nel 1995, ad iniziativa del parroco Sac. Antonio Calafati, dallo scultore Prof. Giuseppe Farina da Monterosso Calabro;
i) Statue lignee della Madonna della Montagna e di Santi, di particolare pregio artistico, per le quali il parroco Calafati ha avviato le costose opere di restauro, già avvenute per le statue della Madonna della Montagna nel 2013 e di S. Nicola nel 2015;
j) Vetrate artistiche sul fascione (1992);
k) Concerto di campane (1991) che, specie in occasione delle ricorrenze festive, esprimono tutta la loro potenza e d’armonia;
Ad opera dello stesso parroco sono state ristrutturate ed ammodernate la Chiesa del Purgatorio (2005), la Chiesa di Nicastrello (1999) e la Chiesa Matrice o Parrocchiale (1990-93) per essere poi completata con il rifacimento della copertura (con tavolato, pannelli isolanti e tegole), con la costruzione del soffitto a cassettoni (2009/11).
Nel GIARDINO che fu del nobile casato Bongiorno (e che dagli anni Cinquanta appartiene alla famiglia Brizzi) si trovano due caratteristiche ed artistiche fontane, nonché ruderi forse risalenti al periodo basiliano.
Lungo il FOSSO CONDO’ si trovano ruderi di alcuni degli otto antichi mulini.
In contrada “TIMPONE LA CROCE”, ai margini della strada Montagna si trova la Statua di "Cristo Redentore", fatta realizzare dal Parroco nel 1995 dallo scultore Murat Cura.
Da tale sito lo sguardo domina il sottostante centro abitato e panorami, suggestivi ed affascinanti, che si estendono fino al lago artificiale dell’Angitola e al mare.
Ai margini della strada Montagna (nel tratto che dal centro abitato porta al sito di Cristo Redentore) vi sono le Stazioni della Via Crucis (1996-1997) dello stesso scultore Murat.
BENI PAESAGGISTICI E NATURALI. Oltre ai meravigliosi panorami e paesaggi che si possono godere dal sito della statua di Cristo Redentore, vi è il territorio montano e boschivo, che si identifica con la “montagna” (= monte Coppari, 961 mslm) ricca di una secolare faggeta ed una meravigliosa giovane pineta, che costituiscono, oggi, metà di turisti nostrani e forestieri. La “montagna” offre incomparabili bellezze paesaggistiche e naturali, è luogo ideale per un relax, ti fa vibrare il cuore e spaziare la fantasia tanto da estasiarti ed estraniarti dal mondo effimero.
La “montagna” ha aree attrezzate per pic-nic, numerosi ruscelli e fontane dalle acque potabili e fresche. D’ inverno, brulica di cercatori di funghi. Le strade, fiancheggiate da secolari piante di alto fusto ed arbusti costituiscono validi itinerari pedonali, a beneficio del corpo e dello spirito.
FESTE e MERCATI: Feste della Madonna della Montagna o di Polsi (seconda domenica di agosto) e di S. Rocco (seconda domenica di settembre). Mercato ogni venerdì.
TRADIZIONI: Venerdì Santo (sera), accensione di due grandi falò, in concorrenza fra loro, in due piazze diverse. Ricordano quando S. Pietro, accostatosi al fuoco, rinnegò Cristo, che glielo aveva predetto.
PRODOTTI TIPICI sono l’olio di oliva, che costituisce la maggiore risorsa del luogo, un vino generoso (sempre con minore quantità) delle contrade Licinà e Prunia, e, un po’ ovunque, produzione di graminacee, legumi, patate, verdure, etc. favoriti da abbondanti acque irrigue. Il piatto tipico: pasta e fagiolini (“Pasta e vaghiàni”) con sugo di pomodoro fresco ed un pizzico di peperoncino, integrato, ove desiderato, da patate locali.
AGROTURISMI: uno nella zona collinare di S. Elia con diretto accesso dalla strada provinciale Capistrano - Monterosso, un secondo in zona montana (contrada Umbro) con accesso dalla Via Montagna, ed un terzo in contrada Netto con accesso dalla strada Liga.
COME SI ARRIVA A CAPISTRANO | |
Autostrada | A3 - Napoli - Reggio Calabria - Uscita Pizzo Calabro (a 390 Km da Napoli e a 104 Km da Reggio Calabria), distante da Capistrano Km.16 circa. Poi, dal vicino bivio Angitola deviare a sinistra (ex S.S. 110) e seguire la segnaletica stradale per Capistrano. |
Ferrovia | Stazione Ferroviaria di Lamezia Terme (35 Km circa da Capistrano) oppure, in alternativa, stazione FF.SS. di Vibo-Pizzo (24 km circa da Capistrano) o Vibo Marina (27 km circa da Capistrano). Poi in auto o pulman percorrere le strade che portano a Pizzo Calabro (autostrada A3 oppure strada statale) e al Bivio Angitola e da qui S.S.110 - Capistrano. |
Aeroporto | Aeroporto di Lamezia Terme, a 35 km circa da Capistrano. Poi l’autostrada A3 o la strada statale per Pizzo Calabro. Bivio Angitola – S.S. 110- Capistrano. |
Via mare | Porto di Vibo Marina. Poi in auto la strada statale che porta a Pizzo Calabro ed al Bivio Angitola - S.S. 110 - Capistrano. |
Altre strade | Da qualsiasi direzione si provenga, avere come punto di riferimento Pizzo Calabro o Bivio Angitola (per chi viene dal mare Tirreno) oppure Chiaravalle Centrale o Serra S. Bruno (per chi viene dal mare Ionio). |